La prima attestazione della presenza della chiesa di S. Tomaso Becket di Carlino la ricaviamo da un’atto repertoriato da Vincenzo Joppi che dice: “In Carlino, nel 1365, vi erano le chiese di S. Maria, di S. Giovanni, di S. Pietro, di S. Gervaso, di S. Tomaso, ed altra di S. Tomaso presso il mulino di Carlino‘: Non ho rintracciato l’atto originale, ma la serietà dello Joppi ci permette di accettare per certa la citazione suddetta. Dove dice ed altra di S. Tomaso presso il mulino di Carlino si riferisce con certezza alla chiesa di cui discorriamo. La nostra chiesetta fa un’altra comparsa nella storia, questa volta in maniera dettagliata, nella relazione, rintracciata nell’Archivio Patriarcale (ora Arcivescovile) di Udine, della visita pastorale eseguita nel 1570 da Bartolomeo conte di Porcia e abate di Moggio.
Vediamo che cosa scrive:
“Die mercurii 15 martii 1570, Bartolomeo Co: Porcia Abbate di Moggio, nominato visitatore Apostolico da Pio V, per la parte Austriaca della Diocesi di Aquileja. Rev. Dominus vi sitavit Ecclesiam campestrem S. Thomae, in qua unicum altare cum palla in assidibus pieta, super altare candelabra duo ferrea, mantili, et pallia duo; unum telae et aliud assidum cum scabello. Altare sacrum sine tela cerea et lampada ex oricalco. Tectum est in quibusdam locis fracto, adaperte tegule, pavimentum horridum: campana una super ecclesia et quia periculum quod derobeatur bona, non fuit aliter mandatum aliquid: scanna in ecclesia hinc inde: habet campum vicinum plantatum. Dixerunt Confratres quod in die S. Thomae faciunt simul prandium de bonis confraternitatis S. Thomae. Mandatum fuit ne fiat aliter, sed expendantur in utile ecclesis“.
La relazione del visitatore apostolico poi continua con la descrizione delle altre chiese di Carlino. Non sappiamo quando venne edificata la chiesa descritta nel 1570 da questo documento, né se questa fosse la stessa chiesa presente nel 1365 in questo luogo, né quando venne edificata la chiesa attuale. Possiamo supporre, dato lo stile, che quest’ultima sia o un radicale rimaneggiamento della precedente o, più probabilmente, una nuova costruzione realizzata tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700.
Attualmente l’interno presenta un’unica navata, con una cornice modanata che corre attorno alle pareti. La copertura è costituita da capriate e travature lignee a vista, che sorreggono un manto di pianelle laterizie dipinte a losanghe bianche e rosse. Un arco trionfale poggiante su due pilastri apre la navata verso il presbiterio, di pianta poligonale, con soffitto centinato a vele. Un crocifisso processionale in legno dipinto è appeso sulla parte sopra la porta d’ingresso. L’impressione che se ne ricava è di semplicità e nello stesso tempo di eleganza dell’insieme, mentre lo sguardo è subito attratto dall’unico e appariscente altare situato al centro del coro piuttosto distanziato dalla parete di fondo.
“Il giorno mercoledì 15 marzo 1570 Bartolomeo Conte di Porcìa, Abate di Moggio, nominato visitatore apostolico dal (Papa) Pio V per la parte austriaca della Diocesi di Aquileia. Il Reverendo Signore visitò la chiesa campestre di S. Tomaso, nella quale vi è un solo altare con una pala dipinta su tavole, sull’altare ci sono due candelabri in ferro, la tovaglia, ed altre due pale, una di tela e l’altra di tavole con piedistallo. L’altare è consacrato, senza tela cerea e lampada in ottone. II tetto è in rotto in più parti, le tegole scoperchiate, il pavimento in pessimo stato. Vi è una campana sulla chiesa e per il pericolo che si rovinino le cose buone, non vi fu mandato null’altro; anche i banchi furono portati via da qui. Vicino vi è un campo con alberi. I Confratelli dissero che nel giorno di S. Tomaso fanno insieme il pranzo della buona confraternita di S. Tomaso. Fu ingiunto che non si faccia altrimenti, ma si spenda in cosa utile per le chiese“.