“Casa Fattor e Casa Vidali, le due case sorelle di Cervignano, hanno la densità feconda di un esordio. Nel 1962 Dardi ha ventisei anni: deve laurearsi e lavora in modo «scanzonato». Ma entrambi i progetti, con le loro «preziosità linguistiche postcubistiche e neoplastiche», contengono in nuce le passioni della maturità. Al suo felice debutto, che Casabella pubblicherà nel 1964, Dardi aggrega nuclei elementari: compone solidi come cellule biologiche, li unisce come il poliedrico moltiplicarsi di un embrione; ma ecco la pars destruens: e Dardi che disgrega ciò che ha creato. «Ossessionato dall’odio-amore per il cubo», scrive Tentori, lo dissolve «sminuzzando in tanti piccoli cubetti, quasi una schiuma di bolle cubiche».
Semerani lo paragona a uno scultore. «Più che assemblare e costruire con architravi, pilastri, muri e tetti, Dardi lavorava, su una sorta di solido monolitico, di scalpello, sfogliandone strato su strato».
I brani si riferiscono alle case di Cervignano; ma in quali parole si è letta la sua cifra di architetto? Astrazione geometrica, chiarezza e razionalità, ordre e climat méditerranéens, monocromia.
E su tutto il «bianco assoluto della geometria», lo stesso candore di calce dello studio romano.
Anni più tardi Dardi fece un viaggio che lo rese felice.
«I suoi amatissimi solidi platonici – scrive Ariella Zattera – erano là, bianchi, sotto la luce, liberamente organizzati nello spazio». Quei solidi bianchi erano le case tunisine, luminose sotto il sole mediterraneo. Ma forse, quella passione, aveva un’origine remota.
Forse era già racchiusa nell’aggregarsi criptico e frantumato delle prime case”.
Testo tratto da “La guida storico-artistica di Cervignano del Friuli” situata nel sito del Comune di Cervignano del Friuli.