BIOTOPO “TORBIERA GROI”
COMUNE DI AIELLO DEL FRIULI loc. “PALUS” di JOANNIS
biotopo “Torbiera groi”
La bassa pianura friulana, come molte altre aree, ha subito da sempre gli sconvolgimenti dovuti all’azione umana, soprattutto quelli conseguenti all’espandersi delle superfici coltivate. Ma se per millenni questi sconvolgimenti erano tutto sommato molto lenti nel tempo, e quindi assorbiti e mitigati dall’ambiente naturale, da quasi quaranta anni la velocità con cui essi avvengono è aumentata in maniera esponenziale rompendo di fatto una sorta di equilibrio fra l’uomo e la natura.
Questa premessa è d’obbligo se si vuole inquadrare la situazione attuale delle nostre campagne, campagne dove noi oggi assistiamo all’industrializzazione del sistema agrario con conseguente diminuzione degli spazi naturali, o, quantomeno paranaturali. L’affermarsi di una maggiore sensibilità ambientale ha portato dopo anni a diverse forme di tutela ecologica degli ambienti naturali e con la Legge Regionale n°42 del 1996 si è arrivati finalmente all’istituzione di due parchi naturali regionali, dieci riserve naturali e venti biotopi, uno di questi, ultimi, “Torbiera Groi” ricade interamente in comune di Aiello del Friuli ed è di proprietà comunale.
Per biotopo si intende un’area di limitata estensione caratterizzata però da una grande concentrazione di habitat ancora integri e che è necessario porre in condizioni di tutela per evitare che corrano il rischio di essere danneggiati o distrutti.
Come del resto in quasi tutta l’Europa media gli habitat maggiormente vulnerabili, soprattutto in pianura, sono senz’altro costituiti dalle cosiddette zone umide (torbiere, paludi, risorgive, stagni) ed anche il biotopo situato in comune di Aiello del Friuli, denominato appunto “Torbiera Groi” appartiene a questa categoria, basta analizzare il toponimo, dove “groi” è la traduzione in lingua friulana del giunco nero (Schoenus nigricans), pianta tipica delle zone palustri.
L’intera superficie tutelata è vasta quasi tredici ettari, ma l’area ad alto contenuto ambientale è solo di due ettari, ed è ciò che resta di una vasta area di circa quaranta ettari, bonificata nella seconda metà del secolo scorso. Mentre i restanti undici ettari sono tuttora adibiti a seminativo. L’area in oggetto è insenta in un complesso agrario di tipo tradizionale con un’alta presenza di elementi che ne elevano la valenza ambientale, tipici i fìlari di vecchi salici capitozzati, le siepi polispecifìche multiplane, le giovani boschette a robinia (Robinia pseudacacia), i ben più preziosi boschetti polispecifici invecchiati, i canali e le scoline di bonifica e le rogge dalle sponde arborate con presenza di acqua durante tutto l’anno.
II biotopo “Torbiera Groi”, inoltre, è caratterizzato da una serie di ambienti residuali che mantengono notevolissimi contenuti floristico vegetazionali. In particolare nella zona sud-occidentale è presente una superficie di circa 20.000 mq notevolmente ricca di situazioni ambientali diversificate, un tempo tipicamente diffuse nelle zone di risorgiva come questa. Qui infatti troviamo, indipendenza dell’elevazione della superfìcie del terreno, una serie di ambienti quanto mai interessanti.
Nelle porzioni più elevate persistono lembi di prato stabile di vario tipo, da quello magro ed arido a Chrysopogon gryllus e Bromus erectus, molto ricco di specie erbacee a quello più umido a Molinia coreulea delle porzioni più basse ed umide, con diverse specie particolarmente rare ma che in questo ambito sono ancora piuttosto abbondanti – si possono ricordare Plantago altissima e Iris sibirica (ambedue incluse per il F.V.G. nelle Liste Rosse Regionali delle Piante d’Italia come VULNERABILI), Gladiolus palustris, le orchidee Epipactis palustris, Gymnadenia conopsea e Orchis maculata, ed ancora, Linum viscosum, Filipendula ulmaria, ecc.
Nei punti topograficamente più bassi, dove si verifìcano perduranti ristagni d’acqua troviamo alcuni tipi di canneto che vanno dal comune canneto di cannuccia palustre (Phragmites communis), al canneto di felasco (Cladium mariscus) in corrispondenza di fenomeni di risorgenza d’acqua. Con particolare enfasi va segnalata la presenza di un piccolo pezzetto di torbiera residua a Molinia coerulea e Schoenus nigricans, caratterizzato da prolungati periodi di ristagno d’acqua. Notevole interesse scientifico è rappresentato dalla presenza di un nutrito gruppo di specie vegetali microterme relitte (solitamente vivono in ambienta fredidissimi), giunte nella zona durante l’epoca delle glaciazioni e che hanno potuto permanervi grazie all’infrigidimento degli habitat garantito dall’affioramento delle fresche acque di risorgiva, ad esempio: Veratrum album subsp, Lobelianum, Primula farinosa, Parnassia palustre, ecc…ecc…
L’importanza è la buona conservazione degli habitat sono confermati anche dalla presenza di specie botaniche inserite nella lista rossa per l’Italia delle entità a rischio d’estinzione, quali: Senecio doria, Iris sibirica, Paris quadrifolia, Gladiolus palustris, Allium suaveolens , e da numerose altre specie ormai rare e localizzate quali: Hemerocallis lillio asphodelus, Lillium martagon, Valium verum, Linum viscosum, Lotus cornicolatus, Genistra tinctoria, Thalictrum flavum, Campanula glomerata, le orchidee, Epipactis palustre, Gymnadenia conopsea, Orchis maculata, e numerose altre.
Molto ben rappresentata è la fauna a mammiferi, con la presenza di ben 19 specie, di queste 12 sono ascrivibili ai micromammiferi. Oltre ai piuttosto comuni Talpa europea (talpa europaea), Volpe (Vulpes vulpes), Ratto norvegico (Rattus norvegicus), e Riccio europeo (Erinaceus europaeus italicus), appare di particolare interesse una florida e numerosissima popolazione di Topolino delle risaie (Micromys minutus), piccolo e grazioso topolino dalla curiosa coda prensile. Presenti inoltre tra gli insettivori, il Toporagno acquatico di Miller (Neomys anomalus), il Toporagno arunchi (Sorex arunchi) endemismo italico, la Crocidura minore (Crocidura suaveolens) e la Crocidura ventre bianco (Crocidura leucodon).
Tra i roditori presenti con popolazioni fluttuanti negli anni troviamo: Arvicola terrestre (Arvicola terrestris italicus), Arvicola campestre (Microtus arvalis), e Arvicola del Liechtenstein (Microtus liechtenstein), il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus) ed il Topo selvatico dal dorso striato (Apodemus anomalus).
Tra i carnivori, oltre alla già citata Volpe, sono presenti la Faina (Martens faina), la Donnola (Mustela nivalis vulgaris) e, presenza importante, la Puzzola (Mustela putorius) che altrove è in forte declino. Da citare infine
due erbivori, la Lepre (Lepus capensis) ed il Capriolo (Capreolus capreolus) presenti un buon numero anche grazie ad un corretto prelievo venatorio che mira comunque a preservarne il patrimonio. Anche se non di facile percezione, numerose, sono anche le specie appartenenti al gruppo degli anfibi e rettili, in totale 18. Tra i primi, da segnalare la presenza della Rana di lataste (Rana latastei) endemita padano istriano, accompagnata da: Rana dalmatina (Rana dalmatina), Rana lessone (Rana lessonae), Rana esculenta (Rana esculenta), Rospo comune (bufo bufo), Ululone (Bombina variegata) e Raganella intermedia (Hila intermedia) tra gli anuri, e da Tritone crestato (Triturus carniflex) e Tritone comune meridionale (Triturus vulgaris meridionalis) tra gli urodeli.
Inoltre camminando nei prati o tra le siepi non è difficile incontrare l’Orbettino (Anguis fragilis), il Saettone (Elaphe longissima), il Biacco maggiore (Coluber viridiflavus), il Ramarro (Lacerta bilineata) e la Lucertola muraiola (Podarcis muralis), mentre maggiormente legate all’ambiente acquatico sono: la Biscia dal collare (Natrix natrix), la Natrice tassellata (Natrix tassellata) ed infine la Tartaruga palustre (Emys orbicularis), quest’ultima specie dichiarata di interesse comunitario a rischio di estinzione, assieme a Tritone crestato, e Rana di lataste.
E’ noto l’importante ruolo che le zone umide hanno come punti di sosta e di rifornimento lungo le rotte degli uccelli migratori, in particolare nelle zone della bassapianura friulana cono di importanza fondamentale per i migratori a lungo raggio che trovano in questi ambienti il cibo necessario per poter proseguire il lungo viaggio verso le regioni di svernamento del continente africano, sorvolando, spesso senza soste intermedie, il mare Mediterraneo ed il deserto del Sahara.
Il sito è complessivamente anche di rilevante interesse ornitologico per la presenza di specie sensibili in aree che, pure se frammentate, svolgono un’importante funzione di rifugio all’interno di territori oggetto di intensa pressione antropica..
Allo scopo di conoscere meglio la situazione dell’avifauna stanziale e migratoria a partire dall’anno 1999 è iniziata un’attività di studio tramite inanellamento, che è uno dei metodi più validi per lo studio delle migrazioni ed inoltre permette di ottenere informazioni utili anche ai fini di una corretta gestione dell’area. Ad oggi (05/02/03) sono state avvistate 129 specie, di queste sono state inanellate 47, per un totale di esemplari inanellati pari a 1146, di particolare rilievo sono: Pettazzurro (Luscinia svecica spp. Cyanecula) Balia dal collare (Ficedula albicollis), specie poco comune nel territorio regionale, Gufo comune (Asio otus), Gufo di palude (Asio flammeus), Usignolo maggiore (Luscina luscinia), Forapaglie machiettato (Locustella naevia) e Luì piccolo siberiano (PhilIascopus collybita tristis).
Inoltre si sono avute quattro ricattute – Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus) con anello della Repubblica Ceca, Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus) con anello Croato, Forapaglie (Acrocephalus schoenobaenus) con anello Finlandese, Bigiarella (Sylvia curruca) con anello della Gran Bretagna ed una autoricattura, un Canapino maggiore (Hippolais icterina) inanellato in loco il 15 agosto 2000 e ricatturato dopo un anno circa, il 25 agosto 2001.
Da segnalare ancora la presenza nei canali e nelle rogge, del noto gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus faxon) e dello scazzone (Cottus gobio), piccolo pesce che vive esclusivamente in acque pulite e ben ossigenate ad indicare il buono stato di purezza delle acque che vi scorrono. La piccola zona naturale viene attualmente gestita, con il consenso del comune e con l’indirizzo tecnico del Servizio Regionale per la Conservazione della Natura, da un gruppo di volontari provenienti anche dai paesi limitrofi. Le operazioni di gestione attiva consistono nello sfalcio dei prati e conseguente asporto della biomassa risultante, questo per impedire l’incespugliamento degli stessi da parte del fin troppo vigoroso rovo (Rubus ulmifolius) e di altre specie invadenti che già abbondano nelle siepi confinanti, inoltre è prevista quest’anno un’ attività selvicolturale nei boschetti con l’intento di eradicare la Robinia (Robinia pseudacacia) ed il Pioppo eurocanadese (Populus canadensis) cioè quello coltivato, per favorire l’instaurarsi e la crescita di specie auctoctone tipiche dell’ambiente, quali: la farnia (Quercus peduncolata) l’Ontano Nero (Alnus glutinosa), il Frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia) e l’Olmo campestre (Ulmus minor) nelle zone con maggiore umidità e con l’aggiunta del Carpino bianco (Carpinus betulus) e dell’ Acero campestre (Acer campestre) nelle zone con minore disponibilità idrica, il tutto intervenendo anche sul corredo di piante arbustive che accompagnano questi popolamenti favorendo le specie autoctone rispetto a quelle esotiche come ad esempio l’amorfa (Amorpha fructicosa).
In attesa che giungano i finanziamenti pubblici necessari per attuare la rinaturalizzazione della superficie ora adibita a seminativo (undici ettari), riportandola alla forma originaria, gli studi e le ricerche continueranno e considerate le discrete condizioni di conservazione delle cenosi in questione non è da escludere che ulteriori minuziose ispezioni possano portare al ritrovamento di altre tipiche e rare specie.